Cenni storici

Cenni storici sulla Chiesa

Non si conosce di preciso la data della edificazione della chiesa. Il Vinaccia la ritiene del secolo XII poiché di quell’epoca è l’architettura soprattutto della facciata principale e del transetto. Dovette essere restaurata nel 1531, data incisa sulla lesena del lato sinistro della facciata sotto lo stemma del Comune. I lavori dovettero proseguire anche negli anni successivi, come farebbe arguire la data “1588” incisa anche questa sullo stemma del Comune posto sul pilastro sinistro presso il presbiterio. Testimonianza dei lavori di questo periodo sarebbero i portali di stile rinascimentale.


Il restauro
cenni-storici

La presenza degli stemmi del comune di Palo (paladino con lancia nella destra e fodero nella sinistra su tre piccoli colli) in vari siti della chiesa farebbe pensare che questa sia stata costruita o per lo meno restaurata dall’Università, che ne ha sempre rivendicato il patronato.

La prima menzione esplicita della chiesa si trova in una bolla di Gregorio XIII del 27 maggio 1583, che dichiarava privilegiato l’altare della Madonna della Libera per i sacerdoti di Palo, bolla riportata su una lapide collocata nel transetto.

La chiesa era certamente consacrata poiché sulle pareti vi erano le croci che si appongono nel relativo rito; croci che andarono distrutte negli ultimi lavori di restauro.

La costruzione è di stile romanico-pugliese, ma ha subìto nel passato notevoli deturpamenti per il falso gusto del tempo, specialmente nel lavori di ampliamento eseguiti dal 1874 al 1892; il sagrato della chiesa fu prolungato di circa cinque metri, contornandolo di una cancellata di ferro, sostenuta da un colonnato; le bifore laterali della facciata furono murate; alle fiancate furono aggiunte delle cappelle aprendo ampi archi nel muri delle navate laterali, onde la chiesa divenne di cinque navate; al prospetto del transetto nel 1878 fu addossata la torre dell’orologio pubblico e tutta la base del campanile venne occultata da una costruzione civile a più piani.

Interno

Scempio maggiore fu compiuto nell’interno facendo scomparire completamente lo stile architettonico romanico. Il soffitto di travi della navata centrale fu occultato da volta a botte fatta di canne e stucco, che, abbassata all’altezza dell’esaforato, occultò così le belle monofore superiori. Anche nelle navate laterali furono create delle volte simulate e abbassate per dare luce alle finestre rettangolari in cui furono trasformate le trifore del matroneo, che così scomparve completamente con rovina degli archetti e dei capitelli delle colonnine. Le colonne della navata e i capitelli furono impiastricciati con intonachi ed imbianchimento di calcina.

Il PRESBITERIO perdette ancor più la sua fisionomia romanica: abbattuta la volta a capriate di tutto il transetto, venne elevata una cupola. Furono murate le bifore del ballatoio che si affacciavano sul transetto ed intonacate le pareti, decorandole con pitture e dipinti vari eseguiti da Nicola Colonna nel 1920.

La chiesa venne in buona parte riportata allo stile primitivo con lavori di restauro eseguiti dalla Sovrintendenza ai Monumenti di Bari dal 1955 al 1967 per vivo interessamento all’arciprete Giuseppe Cutrone.

All’esterno, rimossa la cancellata di ferro, il sagrato fu ridato alle primitive proporzioni; furono abbattute le cappelle laterali e ripristinati i muri delle fiancate; venne demolita la torre dell’orologio insieme all’edificio occultante la base del campanile.

Interno

All’interno, furono abbattute le volte simulate in cannucciate e riportate in vista le capriate, portando così alla luce le belle monofore della navata centrale e quelle delle navate laterali. Fu ripristinato il ballatoio pensile riscoprendo le trifore e aprendo anche le due bifore in fondo alle navate laterali; le colonne vennero scrostate degli strati d’intonaco e ripuliti i capitelli. Anche il pavimento fu rifatto con nuove basole ben levigate. Solo il presbiterio è rimasto nelle condizioni preesistenti, soprattutto per la difficoltà della presenza della cupola.

Così il tempio è tornato quasi completamente al suo originario stile romanico‑pugliese.

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